QUALE ITALIA NEL
2014?
A cura di Rita Fabozzi
I giornali qualche tempo fa parlavano chiaro. “L'Italia sta uscendo dalla crisi” si leggeva, e ancora “Il nostro Paese non è più in recessione”. Tutti dati confermati e riconfermati dai più autorevoli centri di studi e statistiche italiani, se non fosse per il fatto che dopo qualche giorno quegli stessi quotidiani riportano che la recessione non è ancora finita. Certo, qualche piccolo segnale positivo nella produzione industriale c'è stato, ma se l'Iva sale al 22%, le tasse aumentano e i salari diminuiscono in modo non indifferente, non si sa dove gli italiani possano reperire i soldi per arrivare a fine mese e per far decollare l'economia della bel Paese. Grandi novità ci sono state soprattutto però in campo politico: l'era Berlusconi sembra giunta alla sua fine. A seguito della condanna nei confronti del Cavaliere per frode fiscale nel Processo Mediaset, il Parlamento ha votato la decadenza di Berlusconi. A nulla sono valsi i disperati tentativi dei seguaci dell'ex premier di farlo apparire come un uomo giusto e leale, un “santo subito” della politica, un martire della giustizia.
Parlando ora di riforme, c'è grande trepidazione in Parlamento per la proposta del Ministro dell'Istruzione, Maria Chiara Carrozza. In questi giorni infatti è in corso una sperimentazione per ridurre gli anni di studio del liceo, che passerebbero così da 5 a 4. Un'innovazione importante, che permetterebbe agli alunni di diplomarsi a 18, addirittura a 17 anni, facendoli così entrare prima nel mondo del lavoro. Compattando le ore, un alunno però dovrebbe avere a che fare con qualcosa del tipo 4125 ore di lezione spalmate in 4 anni, che diventano così 1031 ore di lezione in un solo anno. Da aggiungere anche l'opinione dei sindacati che, per via di queste sforbiciate, temono la perdita di 20 mila cattedre. Certo, così facendo si andrebbe a risparmiare circa mezzo miliardo di euro e a prima vista sembra un bene, ma forse quel mezzo miliardo di troppo, per 20 mila insegnanti, avrebbe significato uno stipendio minimo assicurato. Per vedere però l'evoluzione di questi eventi e delle possibili riforme non ci resta altro che aspettare qualche mese, entrando nel tanto atteso 2014, sperando che almeno a Babbo Natale abbiano fatto uno sconto per il cambio annuale delle renne.
A cura di Rita Fabozzi
I giornali qualche tempo fa parlavano chiaro. “L'Italia sta uscendo dalla crisi” si leggeva, e ancora “Il nostro Paese non è più in recessione”. Tutti dati confermati e riconfermati dai più autorevoli centri di studi e statistiche italiani, se non fosse per il fatto che dopo qualche giorno quegli stessi quotidiani riportano che la recessione non è ancora finita. Certo, qualche piccolo segnale positivo nella produzione industriale c'è stato, ma se l'Iva sale al 22%, le tasse aumentano e i salari diminuiscono in modo non indifferente, non si sa dove gli italiani possano reperire i soldi per arrivare a fine mese e per far decollare l'economia della bel Paese. Grandi novità ci sono state soprattutto però in campo politico: l'era Berlusconi sembra giunta alla sua fine. A seguito della condanna nei confronti del Cavaliere per frode fiscale nel Processo Mediaset, il Parlamento ha votato la decadenza di Berlusconi. A nulla sono valsi i disperati tentativi dei seguaci dell'ex premier di farlo apparire come un uomo giusto e leale, un “santo subito” della politica, un martire della giustizia.
Parlando ora di riforme, c'è grande trepidazione in Parlamento per la proposta del Ministro dell'Istruzione, Maria Chiara Carrozza. In questi giorni infatti è in corso una sperimentazione per ridurre gli anni di studio del liceo, che passerebbero così da 5 a 4. Un'innovazione importante, che permetterebbe agli alunni di diplomarsi a 18, addirittura a 17 anni, facendoli così entrare prima nel mondo del lavoro. Compattando le ore, un alunno però dovrebbe avere a che fare con qualcosa del tipo 4125 ore di lezione spalmate in 4 anni, che diventano così 1031 ore di lezione in un solo anno. Da aggiungere anche l'opinione dei sindacati che, per via di queste sforbiciate, temono la perdita di 20 mila cattedre. Certo, così facendo si andrebbe a risparmiare circa mezzo miliardo di euro e a prima vista sembra un bene, ma forse quel mezzo miliardo di troppo, per 20 mila insegnanti, avrebbe significato uno stipendio minimo assicurato. Per vedere però l'evoluzione di questi eventi e delle possibili riforme non ci resta altro che aspettare qualche mese, entrando nel tanto atteso 2014, sperando che almeno a Babbo Natale abbiano fatto uno sconto per il cambio annuale delle renne.